Orca l’Oca

03/11/2019 – Grotta Di Monte Cucco

Torno in grotta dopo un forzato periodo di assenza/astinenza per cause di forza maggiori (più di 2 mesi, escludendo le uscite del corso).

Sono all’ottavo giorno di antibiotico, non proprio in formissima.

Il confronto con Matteo e Francesco nei 2 giorni precedenti ci porta ad optare per un ritorno alla regione Urbinate: Prosecuzione dell’armo oltre “L’infarto” scendendo verso “Orcaloca”.

Come di consueto colazione alle Camille ed avvicinamento tra forte vento e nebbia, non abbiamo le punte per il trapano quindi lo lasciamo in turistica. Mi cambio rapido e mi avvio, poco più indietro vedo le luci dei miei compagni sempre a portata di voce.
Siamo rapidi e ben presto finisco di scendere il pozzo “Gitzmo”, entro nella “Galleria del Campo” e passo la prima strettoia, subito una seconda e poi un po’ di scivoli su fango passando in mezzo ai soliti massi, altro piccolo “Passaggio della Sottiletta” e sono sopra il laghetto con acqua cristallina.

Mi fermo, prendo fiato, sono già completamente ricoperto di fango e bagnato; è arrivato il momento di vedere quanto mi sono ingrassato, sfilo l’imbraco mentre arrivano gli altri. Quanto odio ”I gioielli del Torinese” la strettoia d’ingresso alla “Regione Urbinate”, passa Francesco e poi al secondo tentativo riesco a passare anche io, ormai la conosco bene, in ingresso il mio metodo migliore per affrontarla è in retromarcia: quando è il momento di far passare il torace il braccio destro è disteso lungo il corpo con la spalla che striscia con forza sul soffitto dello stramaledetto budello, mentre il braccio sinistro è disteso sotto la testa fuori dalla strettoia, le costole sotto l’ascella vanno a raschiare il pavimento, una zona che normalmente dovrebbe dare solletico e invece sarà interessata da un dolore di un paio di giorni. Il passaggio di Matteo si può riassumere in tuffo di testa senza la necessità di togliere l’imbraco, il tutto alternato da un passamano di materiali vari.

Superata, mentre mi riprendo sento che i muscoli della faccia si distendono provocandomi fastidio sugli zigomi, penso di aver contratto il viso in tutte le espressioni possibili per la mia faccia.

Di nuovo in piedi, imbraco e raggiungiamo l’ingresso di “2001: Odissea nell’Ospizio”, prepariamo i sacchi con le corde che avevamo utilizzato per raggiungere il “Fondo Majimbù”. Da  “2001: Odissea nell’Ospizio” per me è tutto nuovo, non ci sono ancora mai stato, mentre Matteo e Francesco fanno da padroni di casa, avendo già rilevato fino alla fine della condotta “L’infarto”, con passo rapido si arriva ad iniziare l’armo ed il rilievo da “Orcaloca”. Per me armare, rilevare o semplicemente percorre un pezzo di grotta a me nuova è come acquisire conoscenza e mi da grosse soddisfazioni quasi al pari di nuove esplorazioni tanto ricercate da tutti gli Speleo (sto ancora cercando di capire perché la violazione di un posto ancora sconosciuto all’uomo sia tra le più grandi aspirazione degli Speleo).

Tornando alla regione Urbinate: direi che “2001: Odissea nell’Ospizio” è una condotta simpatica, si sta in piedi, ha un soffitto tondo e “corroso” mentre la base è stata tagliata da un ruscello d’acqua che ora non c’è più; in un paio di punti la condotta è spaccata perpendicolarmente da meandri percorribili di cui 1 attivo che successivamente andrà rilevato. A metà, dopo aver percorso poco meno di 100 mt la condotta si approfondisce a mo’ di meandro obbligando ad uno scomodo passaggio “aereo” in contrapposizione su punti di appoggio fangosi e scivolosi.

Poi si passa per “Le Perle”, per un breve tratto di grotta si incontrano limpide pozzanghere all’interno di marmitte come scavate da vorticosi mulini d’acqua, ricordano proprio le Marmitte dei Giganti, nel resoconto dell’esplorazione parlano delle Perle di Montagna rubate dall’AVIDA mano dell’Uomo poco dopo la scoperta (che Un qualsiasi Dio a caso vi Fulmini se ancora non l’ha fatto).

Camminando per circa 200 mt, un po’ si scende e un po’ si sale fino ad arrivare a “L’infarto”: è stato molto nei miei pensieri da quando l’ho visto disegnato sul rilievo nella pubblicazione della scoperta, sono le due linee più vicine, era chiaro che ci fosse una stretta condotta lunga circa 50 mt. Nei miei peggiori incubi si trattava di strisciare solo con l’ausilio del mento e della punta dei piedi, nella realtà è una condotta fangosa  in salita non abbastanza alta da gattonare ma neanche così stronza da meritare tale nome.
Eccoci tutti e tre sopra la prima verticale di “Orcaloca”, sfoderiamo le attrezzature trascinate fin lì, Matteo e Francesco si preparano per rilevare mentre io attrezzo la via utilizzando gli ancoraggi lasciati dai nostri eroi quasi 20 anni orsono. Matteo si è studiato tutta la pubblicazione fatta a fine esplorazione, inoltre ha contattato un membro che ha partecipato per farsi fornire indicazioni su passaggi non riportati ma che si conoscono perché trasmessi di voce in voce, più simili a leggende ma crudelmente reali……ma questa è un’altra storia che a tempo debito approfondiremo (E’ il luogo in cui si è rifugiato il drago sputa-fuoco dopo che non è riuscito a mantenere prigioniera la principessa). Comunque Matteo è quello più cosciente su cosa ci aspetta ed ha perfettamente calcolato che l’ulteriore corda da 40mt che “ci siamo” portati da fuori ci sarà utile per raggiungere il “Fondo Fossile” al quale puntiamo.

A fianco del nostro caposaldo fisso troviamo quello di Astigo, è ripassato ad aggiornare il suo rilievo lasciandoci l’inconfondibile quadratino catarifrangente; d’altronde credo sia l’unico oltre a noi a cui interessa rilevare queste zone “secondarie”.

Suggestivo “Orcaloca”, iniziano le verticali ed è tutto più spazioso, se non fosse che arrivati alla base del primo pozzo troviamo un primo passaggio basso ma largo con dentro acqua e fango, passiamo introsciandoci e lavorando per far defluire l’acqua più a valle liberando dal fango il deflusso, poi scivolo, pozzetto e di nuovo una grossa pozzanghera fangosa e più profonda; miglioriamo il passaggio mettendo i sassi che troviamo come sentiero instabile ma asciutto e poi di nuovo a lavorare per abbassare il livello dell’acqua.

L’acqua che inneschiamo dalle pozzanghere rompe fragorosamente il silenzio con il suono che caratterizza l’arrivo di una piena o dello scorrere di un ruscello, ma ben presto si esaurisce e lasciamo tutto alle nostre spalle fino ad arrivare al “Pozzo di Dave”: nella sala si vede un camino, forse un paio, ma proseguiamo sulla via principale scendendo un ulteriore pozzetto, ancora scivolo pozzetto e iniziamo ad essere stanchi, infreddoliti e vicino all’ora x, domani è comunque lunedì e dovremmo essere reinseriti in una società che ci vuole lavoratori attivi (silenziosamente doloranti).

Anche se non dovrebbe mancare molto al “Fondo Fossile” torniamo sui nostri passi, dopo questi ultimi scivoli la sensazione è che le verticali diminuiscono addolcendosi in scivoli; strappiamo quasi 250 mt di rilevo e una via armata per la prossima puntata.

Per descrivere il viaggio di ritorno basta leggere tutto al contrario capovolti a testa all’ingiù come pipistrelli.

Di ritorno, scendendo giù da “L’infarto” ci fermiamo a prendere fiato e Francesco decide di rivelarci una bellissima notizia per la quale avremmo brindato istantaneamente se non fosse che siamo circondati di “sola” roccia e fango: Come sempre un privilegio essere partecipe della condivisione di certe emozioni.

Forse ho scritto troppo, ma ho ancora dettagli e considerazioni da aggiungere.

Affannato risalgo il “Gitzmo” con pedalate stanche ma decise, movimenti identici e ripetuti come in una cantilena di preghiera religiosa…Ho tempo di guardare e valutare, dobbiamo migliorare la via; dopo l’ultima massiva frequentazione dell’anniversario evento 50 anni di “Fondo Franco” è rimasta una corda che striscia, vanno utilizzati gli attacchi già presenti ma più esterni sul secondo tiro dopo il traversino, era tardi e non potevo altrimenti lo avrei fatto. Un po’ più sopra, tra i nuovi e molteplici fix Inox ne vedo uno installato a due centimetri da un vecchio spit, non è utilizzato ma può trarre in inganno, va lasciata una distanza di sicurezza approssimata a venti centimetri. Ogni volta  che si inserisce un nuovo fissaggio è come appropriarsi per molti anni un fazzoletto di roccia adibito all’ancoraggio; va ragionato bene, inutile mitragliare tutto (Armi su vecchie vie necessitano di pulisci spit per riutilizzare almeno parte di ciò che già c’è).

Arrivato quasi alla testa del pozzo mi fermo per rimuovere una delle due staffe presenti nell’ancoraggio, ormai macera e strefolata, liberando così uno dei tre nodi presenti nella maglia rapida.

Nel traverso iniziale ci sono tre corde, per sceglierla ho fatto la filastrocca di ambarabacci ci co cò: dovremo semplificare ripulendo l’inutile e confusionaria ridondanza.

La grotta è in piena, fuori si è sicuramente verificata una tempesta come anticipato dalle previsioni meteo.

Una volta usciti esultiamo nell’accorgerci della temporanea assenza della pioggia e con passo veloce andiamo alla macchina, nei tratti di sentiero esposti a Sud il vento toglie il fiato e la fitta nebbia tenta invano di nasconderci la via.

Brodo caldo di tortellini al Villa Anita e filiamo a casa.

Lorenzo.

 

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