Il Fondo Fossile

01/12/2019 – Grotta di Monte Cucco – Regione Urbinate

Si torna ancora una volta alla Regione Urbinate, l’obbiettivo è terminare l’armo, rilevare per poi disarmare recuperando tutto il materiale. Come per la punta precedente siamo in tre, io (Matteo), Francesco e questa volta al posto di Lorenzo B. ci sarà Filippo M. L. alla sua prima punta verso uno dei fondi della Grotta di Monte Cucco. Entreranno con noi ma con obbiettivi differenti anche Lorenzo S. e Francesca G. fresca fresca di corso. L’appuntamento è come sempre in sede, si caricano i sacchi in macchina e si parte in direzione pasticceria Le Camille a Sigillo nostra tappa fissa. Li incontriamo Rudy che aspetta altri del nostro gruppo per andare alla grotta Ferrata, quattro chiacchiere e poi si parte. Saliamo velocemente all’ingresso spinti dall’immancabile vento, vestizione e si parte verso i rispettivi obbiettivi. Lascio andare avanti Francesco e Filippo per seguire un po Francesca lungo i primi pozzi, Laghetto Terni (pieno), Pozzo Terni e Pozzo Perugia superati senza problemi. Decido di salutarli e rapidamente mi ricompatto con i miei compagni di squadra con i quali scendiamo fino alla base del Gitzmo, Galleria del Campo ed ecco le prime strettoie che superiamo con facilità. Continuiamo su enormi depositi di appiccicoso fango fino alla strettoia più scomoda che da accesso alla Regione Urbinate “I Gioielli del Torinese”. Filippo è un mix di preoccupazione ed emozione nel doverla affrontare, d’altronde leggendo i resoconti di Lorenzo su questo passaggio e le varie leggende a riguardo, un po di ansia è il minimo ma come spesso accade i racconti possono essere facilmente smentiti e cosi anche Filippo in men che non si dica si ritrovo oltre lo scomodo passaggio. Proseguiamo lungo la prima parte di galleria inclinata. Il frastuono dell’acqua che scorre rapida sotto i nostri piedi è quasi assordante. Arriviamo all’imbocco di ” 2001: Odissea nell’Ospizio”, qui si entra nella parte fossile ed il rumore dell’acqua lascia spazio al silenzio rotto soltanto dai nostri goffi movimenti. Ormai sono diverse volte che percorro questi ambienti che per me sono ormai familiari, mi basta illuminarli una sola volta per lasciare impressa la loro forma nella mia testa a differenza di Francesco che nonostante ci sia venuto diverse volte ancora si sbaglia nel prendere i pochi bivi che si incontrano. Dice che in grotta gli si svuota la testa e una volta uscito non si ricorda praticamente nulla. Oltrepassiamo il suggestivo tratto delle Perle con le sue splendide marmitte e ci infiliamo su l’Infarto il quale rimarrà ben impresso nella mente di Filippo. Arrivati in cima ci fermiamo per una pausa prima di iniziare la discesa dei pozzi armati la volta precedente. Francesco e Filippo fanno uno spuntino mentre io ne approfitto per iniziare uno scavo di una condotta che si raggiunge disarrampicando qualche metro subito sopra l’uscita della galleria; li la grotta fa un giro strano e più guardo il rilievo e più mi convinco che da quelle parti ci sta nascondendo qualche cosa. Riesco ad abbassare lo strato di fango tanto quanto basta per dare uno sguardo e far correre l’immaginazione ma non a sufficienza per capire realmente se da li si potrà illuminare nuovi angoli di questa grotta. Riprendiamo la progressione verso il basso fino al punto dove avevamo sospeso l’armo la volta precedente. Da qui iniziamo il fissaggio delle corde lungo i brevi tratti verticali che incontriamo fino all’ultimo tiretto di corda dove non troviamo nessun fix o spit. Mentre cerchiamo di capire come abbiano armato i nostri predecessori individuiamo una piccola clessidra molto arretrata grazie ad un antico segno della corda inciso sul fango. Unico problema è che lo spezzone a nostra disposizione non basta se usiamo quella clessidra cosi lontana quindi ci inventiamo un armo su masso sepolto da fango presumibilmente solido ma senza averne la certezza. Vista la situazione al limite Filippo decide di restare sopra e non scendere legandosi all’armo e facendo da rinvio se dovesse partire il punto di ancoraggio. A questo punto scende Francesco per dare una controllata e vedere quanto manca. Effettivamente cinquanta metri più avanti le scritte con il nerofumo indicano la fine del ramo che chiude con un grosso deposito di fango. Raggiungo Francesco per effettuare il rilievo che porteremo avanti tornando indietro. Dopo 200m di poligonale terminiamo il rilievo e durante la risalita disarmiamo tutta la via lasciando le corde in cima all’ultimo pozzo: per oggi siamo abbastanza stanchi e le corde potranno attendere ancora qualche settimana prima di rivedere la luce. Lentamente si torna indietro fino alla base del Gitzmo, dove mi viene in mente che le chiavi della grotta sono rimaste nei vestiti di Filippo e quindi Lorenzo e Francesca sicuramente avranno qualche problema per trovarle. Durante la lenta risalita il pantin di Filippo lo abbandona sul più bello rendendo ancora più faticosa e lenta la sua progressione. Ricompattati tutti e tre in cima al pozzo io mi stacco da Francesco e Filippo e rapidamente raggiungo la turistica, il freddo stava prendendo il sopravvento. Qui noto con piacere che gli zaini di Lorenzo e Francesca non ci sono più e con loro le chiavi della grotta, (spero che le abbiano lasciate da qualche parte). Mi cambio e decido di aspettare i miei compagni in macchina, le chiavi fortunatamente sono li ad attendermi all’ingresso come un forte vento e la fitta nebbia che non da la possibilità di vedere assolutamente niente oltre al metro di distanza. Grazie ad una potente torcia e Google Maps raggiungo con facilità la macchina dove verrò raggiunto da Francesco e Filippo circa un ora più tardi. Questa volta niente Villa Anita ormai chiuso, io andrò dritto a casa mentre gli altri due si faranno un panino al 24h a Perugia.

Matteo

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