19/11/2023 – Grotta Mazzetta di Thor – Gorga (RM)
In una stupenda faggeta, in pieno autunno camminiamo carichi di attrezzature, caschi e le luci in testa, su un tappeto di foglie che suonano al nostro passaggio, lontano da tutti e fuori dai sentieri della zona.
Dobbiamo raggiungere un buco sul terreno. Ed entrarci… già ha il sapore dell’assurdo! Chi si infilerebbe in un buco strettissimo e buio che entra nel cuore della terra, ma soprattutto perché? E quando anche riesci a farlo perché tornarci?
Si striscia, subito, perché l’ingresso non è agevole, e va giù, la terra ti spreme e sembra che ti voglia accompagnare in questo viaggio dentro di lei, non si oppone, offre appoggi, maniglie, scivoli. La devi un po’ capire o forse solo lasciarti andare, perché anche la terra vuole che tu esca dal tuo comfort, dalle abitudini, dal conosciuto, ti sta offrendo un viaggio fuori dalle regole sociali, ambientali e fisiche.
Primo pozzo: gli altri ormai esperti in un attimo si adoperano con corde e nodi, devo solo calarmi, fidarmi della mia testa, del discensore e del vuoto! Si parte così senza quasi accorgersi di quanto sia irragionevole quello che facciamo, in compagnia di 5 persone che in realtà non conosci affatto, ma con cui già senti di avere fin troppo in comune: addentrarsi il più possibile, aprire, attraversare e scoprire fin dove si può arrivare e sperare che la strada non si fermi mai e intanto raccontarsi cose stupidissime e cose serissime allo stesso tempo, cantare, stare in totale silenzio, imparare qualcosa sulle rocce e sulla storia di quel posto e seguire il passaggio dell’acqua sempre in cerca dell’aria… “senti l’aria?? C’è l’aria? Senti come tira bene!” E io che mi chiedo se sono in mezzo a dei pazzi o se questo fascino che li spinge non stia contagiando anche me!
Incrociamo l’acqua! Ha creato un meraviglioso meandro in un lasso di tempo a noi incomprensibile. Lo percorriamo tutto finché ci è permesso a cavallo di una spaccatura vertiginosa e accogliente al tempo stesso. Nella vita di tutti i giorni nessuno sceglie di camminare sopra una voragine, lì dentro non hai scelta e senti che in fondo va bene anche così!
E anche mentre camminiamo l’acqua continua a scavare, forma delle splendide vasche cristalline che dobbiamo sorpassare sospesi, ma quanto vorrei trattenere il fiato e immergermi per andare ancora più in giù, me lo sconsigliano vivamente!
Le emozioni si susseguono, a ritmi incalzanti con sbalzi improvvisi dall’una all’altra: un attimo sei gasatissimo per aver sorpassato una strettoia, un attimo dopo un masso che cade nel vuoto con un fragore impressionante ti ricorda di quanto sia pericoloso quello che stiamo facendo. E ancora stare immobili in spazi strettissimi ad aspettare che qualcuno trovi un passaggio mentre senti freddo nella tuta lercia e rotta. Inizi a chiederti da quant’è che saremo qui sotto? Poi una voce da lontano, nessuno capisce cosa dice, non è chiaro da dove venga e tutti si azzittiscono: prosegue? Nel momento in cui si valica il confine dell’esplorato senti un brivido improvviso difficile da spiegare: sei con i primi che hanno messo piede lì dentro, sei in una zona dove nessuno è mai arrivato, la terra ti ha appena aperto una nuova stanza, un luogo remoto che parla di lei e non sai per quanto ancora durerà quel momento. Il silenzio è assordante. Uno di noi procede con mazzetta e scalpello, uno fuma, uno si arrampica, uno mangia, uno fa sicura, tutti aspettano di sapere. Non stiamo cercando niente,non siamo lì per qualcosa, speriamo solo che prosegua.
Il tempo non esiste, il ritmo lo dà l’evoluzione naturale dello spazio sotterraneo, in un contatto molto intimo con il proprio corpo e la natura, con le proprie forze la roccia e il fango, dove una barriera può diventare un appiglio e un sasso su cui poggi il piede un tranello.
Esausta con le suole degli scarponi penzoloni, le luci basse la tuta senza zip, fradicia fino alle mutande sento che la stanchezza si sta facendo spazio. Devo rispettarla, c’è ancora un lungo tragitto per tornare in superficie. Disinvolti come se ormai fossimo a casa ripercorriamo la strada a ritroso, mentre alcuni angoli ti ricordano quando all’andata la mano tremava per togliere la longe, quando ti sei sbilanciata su un compagno, quando sei morta dal ridere e quando per un attimo ti è mancato il terreno sotto ai piedi.
L’uscita è un momento primordiale, sembra di nascere di nuovo, l’aria del bosco ha un profumo che non hai mai sentito, ti stendi a terra e le foglie sono improvvisamente comodissime. Per un attimo, prima di uscire, ascolto il battito potente del mio cuore senza riconoscerlo, perché
non siamo abituati ad ascoltarlo.
Grazie a Roberto, Lorenzo, Mauro, Serena , Luca per queste 12 ore di follia!
Francesca